1000 eco design

1000 eco design

di Rebecca Proctor

Logos, Modena 2009

352 p. : ill. ; 25 cm

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Recensione del libro

Viviamo in un mondo in cui la cultura del design acquista sempre più importanza agli occhi di una clientela attenta ad avere oggetti dall’aspetto estetico particolare e progettato con cura.

Oggi è necessario e indispensabile dare un valore aggiunto alla progettazione e al design: la sostenibilità ambientale. Un valore di cui sia i progettisti che gli acquirenti vanno fieri; un valore da cui partire per scrivere un libro.

1000 eco design presenta un considerevole numero di oggetti di design accomunati da uno stesso principio: l’ecologia.

Arredamento, lampade, cucina e bagno, tessuti, accessori decorativi, stoviglie da tavola, pareti e pavimenti, prodotti, giardino, bambini: queste le categorie entro cui sono raggruppati e classificati i progetti presentati da Rebecca Proctor.

E’ molto interessante vedere come ogni progetto interpreti e applichi in maniera diversa e originale il concetto di ecologia: ecologia è basso consumo energetico, ecologia è riuso di oggetti dismessi, ecologia è un prodotto riciclato e/o riciclabile… E infatti, accanto ad ogni progetto presentato, vengono indicati, tramite una simbologia grafica, le caratteristiche di compatibilità ambientale del progetto: bassa generazione di rifiuti, basso consumo energetico, atossico, biodegradabile, da commercio equo, da risorse correttamente gestite, di provenienza locale, riciclabile, riciclato.

Mille progetti presentati, per ogni progetto una foto e poche ma efficaci righe che ne spiegano la sostenibilità e l’etica, ed infine, elemento assai utile, il sito internet del progettista: una sorta di manuale di consultazione rapida ed efficace, sintetico e immediato, dell’eco-design degli ultimi anni.

Autocostruzione | DIY Self-build

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Izmo utilizza questo strumento principalmente in relazione alle attività di Laboratori di progettazione, Arte e design partecipato, Installazioni e architetture e ha avuto modo di applicarlo concretamente nel corso del progetto 80*120. Izmo use this tool mainly in relation to the activities of Workshops and Participatory Art and Design, Installation and architecture, Izmo was able to apply it in practice during the project 80*120.For a english treatment of Open Space Technology, the reader should refer to Self-build (wikipedia)

L’autocostruzione è una pratica utilizzata in architettura [“fai da te” nel design] che prevede la costruzione di un edificio [o di un oggetto di design] da parte di operatori dilettanti non specializzati, futuri utenti dell’opera costruita, invece che da parte di un’impresa edile [di un artigiano o azienda].

Definita da alcuni come uno strumento oggigiorno innovativo, si tratta in realtà di una pratica antichissima: da sempre, infatti, i ceti meno abbienti si sono costruiti autonomamente le proprie case [o cose]. Ed è solo con l’avvento dell’era industriale e con lo svilupparsi di tecnologie sempre più complesse che l’autocostruzione è stata abbandonata.

L’autocostruzione si configura come una delle possibili risposte per intervenire sul problema abitativo, consentendo l’accesso ad un alloggio [e al suo arredo] anche ai redditi più deboli: infatti, la partecipazione dei futuri proprietari alla costruzione della loro casa con l’apporto del loro lavoro consente il contenimento dei costi di edificazione [e realizzazione].
Naturalmente, i progetti di autocostruzione non possono prescindere dalla presenza di professionisti che garantiscono l’assistenza tecnica, il rispetto delle norme di sicurezza, le certificazioni necessarie e la qualità del risultato finale.
L’autocostruzione valorizza anche la dimensione sociale: John Turner, nel libro Freedom to build, (New York 1972), sostiene che «le abitazioni controllate dagli utenti (quando sono anche materialmente economiche) sono decisamente superiori come veicolo di crescita e sviluppo dell’individuo, della famiglia e della società, di quelle ottenute già fatte».

Le motivazioni che spingono verso l’autocostruzione sono:

  • Possibilità di ottenere abitazioni [e oggetti di design] a un prezzo molto contenuto
  • Creazione di un ambiente abitativo adatto a particolari esigenze dell’individuo e della sua famiglia
  • Riappropriazione di tecniche tradizionali, utilizzo di tecnologie semplici e facilmente reperibili in loco e di tecnologie sperimentali
  • Attenzione al riciclo e al riuso dei materiali
  • Architettura [e design] a basso impatto ambientale
  • Coinvolgimento dei futuri utenti, senso di appartenenza e coesione sociale

L’autocostruzione è oggi molto comune nei paesi in via di sviluppo, ma anche negli Stati Uniti e in Canada. In Europa, e in particolare in Italia, è ancora una pratica “di nicchia”.

Giovani architetti

Giovani architetti. La nascita di una scuola universale.

di Kieran Long

Logos, Modena 2003

352 p. : ill.; 25 cm

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Recensione del libro

In tempo di crisi leggere di giovani architetti che hanno successo nella loro professione, può essere di conforto! Questo libro in realtà è stato pubblicato nel 2003, ma come si legge nel retro di copertina, gli architetti presentati “sono i professionisti destinati a plasmare il tessuto urbano delle nostre città nei prossimi 30 anni”. Vengono infatti presentati alcuni lavori di 113 giovani architetti,, dando così una visione a 360 gradi del panorama architettonico contemporaneo. Il taglio è decisamente internazionale, e si va dal progetto di design al piano di quartiere; dal social housing alla villa privata. La panoramica è completa e articolata anche a seconda delle tipologie edilizie: case di abitazione, musei, università, installazioni, ecc.

Una particolare attenzione è posta nei confronti dell’aspetto grafico: non mancano, infatti, contributi di fotografi e grafici.

Nel suo intento di “ricostruire una rete globale di influenze culturali e professionali “, a commento di alcune opere o tendenze architettoniche, ci sono interventi di critici, sotto forma di estratti dei loro saggi.

La presentazione dei 113 architetti (o studi di architettura) avviene attraverso una sintesi del loro pensiero e delle loro linee guida e citazioni esplicative degli stessi architetti, il tutto corredato dalla presentazione con immagini e testo di uno o due progetti significativi.

Archinpallet – Architettura organizzata in pallet

In questo articolo di Wikizmo si raccolgono le architetture realizzate in pallet.

I pallet sono delle piattaforme costituite da assi di legno, usate per facilitare la movimentazione delle merci. Non tutti i pallet vengono utilizzati per più cicli di trasporto: spesso, infatti, organizzare un viaggio di ritorno per i pallet vuoti risulta più costoso per l’impresa che comprarne di nuovi. I pallet sono leggeri, trasportabili, resistenti ai carichi e facilmente reperibili. Per tutti questi motivi costruire con i pallet è un approccio sostenibile all’architettura. Si tratta di un metodo già consolidato, anche se in via sperimentale. Molti studi si sono infatti lanciati nella progettazione e realizzazione di architetture in pallet.

Si presentano qui di seguito le installazioni e le architetture in ordine casuale.

Unit Load_Redux / HDR Architecture   via treehugger
Installazione temporanea è realizzata allo scopo di sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali. La bici è collegata alla struttura in pallet e ad una dinamo, la quale produce energia generata dalle pedalate dei visitatori. L’elettricità accumulata viene rilasciata la notte permettendo di illuminare l’opera donandole una seconda vita. HDR_Architecture-Unit_Load_Redux_01.jpg HDR_Architecture-Unit_Load_Redux_02
Door House / Cubo Arquitectos  via inhabitat
Prototipo di un rifugio d’emergenza; un kit contentente: 36 pannelli, 24 pallet, 8 fogli di compensato OSB, vari tubi in acciaio, teli di plastica ed elementi di fissaggio. Con un tempo di costruzione di solo 8 ore è un’ideale soluzione per realizzare un rifugio. Door-House_Cubo-Arquitectos_01 Door-House_Cubo-Arquitectos_02
Manifesto House / James & Mau + Infiniski  via archdaily
L’edificio progettato da James & Mau vuol rappresentare un manifesto per Infiniski: società che progetta e realizza abitazioni eco-friendly: realizzate con materiali riciclati, non inquinanti e riutilizzabili. Inoltre Infiniski propone altre soluzioni abitative pensate in termini di sostenibilità energetica, modularità, velocità di costruzione e smontaggio rapido. Manifesto-House_James-&-Mau_01  Manifesto-House_James-&-Mau_02
Palettenhaus / Schnetzer & Pils  via palettenhaus
Palettenhaus è il progetto vincitore del concorso GAU:DI Sustainable Architecture Competition. E’ un edificio di 60 mq fatto di  800 pallet riciclati, usati come pannelli di facciata, per la pavimentazione e la copertura; la cellulosa riempie l’intercapedine tra un pallet e l’altro, assolvendo la funzione di isolamento termico.La palettenhaus necessita di pochissima energia: 24 kWh/mq annui. palettenhaus_pils-schnetzer.jpg palettenhaus_pils-schnetzer 2.jpg
Pallet House / I-BEAM  via i-beamdesign
Pensato inizialmente come modulo abitativo d’emergenza per i rifugiati del Kosovo, è stato adattato per l’emergenza provocata dallo tzunami nel 2004. La pallet House è interamente formata da pallet di legno, facilmente reperibili nelle zone dove arrivano cargo con gli aiuti umanitari. Se combinata con altri materiali per migliorare l’isolamento e impedire le infiltrazioni d’acqua, può anche diventare una struttura abitativa per periodi più lunghi.  pallet-hause_i-beam.jpg pallet-hause_i-beam-2.jpg
ECObox partecipato / AAA  via domusweb
AAA (Atelier d’Architecture Autogérée) ha guidatogli abitanti nella riappropriazione di uno spazio pubblico abbandonato e degradato attraverso la realizzazione di un giardino temporaneo. I pallet formano il modulo base e offrono una superficie da seminare o da utilizzare per i camminamenti. eco-box_aaa-3.jpg eco-box_aaa-2.jpg
B&B store / Studio Collage   via atcasa
In occasione di Milano-design-in-the-city (22-25 ottobre 2009), nei migliori negozi di arredamento; designer e creativi hanno realizzato allestimenti onirici, come voleva il titolo della manifestazione: “La forma dei sogni”. Il tema consentiva di certo una grande libertà di interpretazione e così è stato per lo showroom B&B Italia. Allestimento del flagship store B&B, realizzato da Studio Collage, ha previsto l’utilizzo di pallet come quinta scenografica. B&B-store_Studio-Collage_01.jpg B&B-store_Studio-Collage_02.jpg
I love green / 2A+P/A  via 2ap
I love green è un’installazione temporanea realizzata a Roma. Tutti materiali utilizzati sono stati scelti per le loro caratteristiche si riutilizzabilità  e riciclabilità. I pallet formano la base d’appoggio su cui sono state posate le cassette in cui è stato seminato il prato. i-love-green_2a+.jpg i-love-green_2a+-2.jpg
Hotel Aire de Bardenas / Emiliano Lopez Monica Rivera Arquitectos  via lopez-rivera
Vincitore di numerosi premi internazionali, questo progetto utilizza i pallet per marcare il perimetro dell’hotel, proteggendolo dal vento senza impedire all’aria di passare. Ciò permette di allestire degli spazi all’aperto. Inoltre la cortina di pallet costituisce una quinta su cui si affacciano alcune camere. hotel_lopez-rivera.jpg hotel_lopez-rivera-2.jpg
Pallet Pavilion / Matthias Loebermann via blog.bellostes
Il Pallet Pavilion è stato realizzato in occasione della World Cup Ski a Oberstdorf (Germania), con la funzione di punto d’incontro per i partecipanti. Il padiglione è stato costruito con 1300 pallet tenuti insieme da 20 tiranti, è alto 6 metri e copre uno spazio di 8 x 18 metri. pallet pavilion_loebermann.jpg pallet pavilion_loebermann 2.jpg
Pallet Theater  / Oudendijk + Korbes via wrongdistance
Oudendijk e Korbes sono due designer che utilizzano come materiali per loro creazioni oggetti di scarto come pneumatici, taniche, vecchi container, eccetra. In questo caso hanno progettato un’installazione per un piccolo teatro interno ad Amsterdam utilizzando sia per il palco che per la platea dei pallet riciclati. theater_korbes-oudendijk.jpg
Pallet Design via greenpallet
Pallet Design è una cooperativa onlus che si propone di valorizzare gli imballaggi in legno proponendoli non solo come piattaforme per la movimentazione delle merci ma anche rielaborandoi come elementi di design.Progetto realizzato da: arch. Manolo Benvenuti pallet-design.jpg pallet-design-2.jpg
Babel Tower / Ramirez, Leung, Roat via superuse
E’ un’ un’architettura temporanea realizzata a San Francisco nel 2009 in occasione del Burning Man Festival. E’ composta da sette esagoni sovrapposti per un’altezza totale di 9 metri. I lati degli esagoni, composti dai pallet, possono essere fissi o apribili. La struttura è tenuta da cavi metallici messi in tesione e ancorati a terra. Di notte la torre viene illuminata da led rossi, che la rendono una sorta di faro. Babel-Tower_Ramirez-Leung_Roat_01.jpg Babel-Tower_Ramirez-Leung_Roat_02.jpg
Pallet Housing System PHS via treehugger
E’ un sistema brevettato per un’abitazione in pallet. Le pareti e i solai del modulo abitativo sono realizzate con pannelli formati da due pallet rivestiti con un pannello di OSB  o di compensato a cui è sovrapposto un film impermeabile. L’intercapedine che si viene a creare all’interno dei pallet è riempita di materiale isolante. Questo modulo è stato studiato per tre diverse localizzazioni: Svezia, Spagna e Cile. PHS_01.jpg PHS_02.jpg
Pallet Barn / Paul Stankey via hivemodular
L’interno di questo capanno costruito nel 2007 dopo aver recuperato 24 grandi pallet, è retto da una struttura in legno a telaio. Le pareti sono composte da pannelli in pallet realizzati a terra, poi sollevati e temporaneamente puntellati a terra. Pallet-barn_Stankey_01.jpg Pallet-barn_Stankey_02.jpg
Pallet house / Onix via onix
Onix ha realizzato un’installazione per studiare il prototipo di un’abitazione in pallet. Per realizzare i muri i pallet vengono sovrapposti in orizzontale: in questo modo si utilizzano in tutta la loro capacità strutturale, ma le pareti risultano essere spesse almeno 80 centimetri (la larghezza di un pallet). Per realizzare le aperture è stata realizzata un’architrave su cui appoggia un tavolato. Pallet-house_Onix_01.jpg Pallet-house_Onix_02.jpg
Urban Farm Buildings / University of Colorado Denver via Inhabitat
Gli studenti dell’Università di Denver hanno costruito, sul terreno su cui sorgeva l’Aeroporto di Stapleton, un esempio di architettura sostenibile utilizzando pallet e altri materiali recuperati. Urban-farm_University-Denver_02.jpg Urban-farm_University-Denver_01.jpg
Jellyfish Theatre  via Inhabitat
Questa installazione è stata realizzata interamente a partire da materiali recuperati o regalati: pallet riusati, chiodi di recupero, vecchi mobil, ritagli di pannelli e bottiglie di plastica. Il risultato è  un auditoriumtemporaneo da 120 posti, situato a 10 minuti dal Globe Theatre a Londra. Jellyfish_01.jpg Jellyfish_02.jpg

Biomimetica una nuova via verso la sostenibilità

di Elena Candelari

Da sempre l’uomo ha cercato di imitare la natura osservandone i meccanismi e tentando di riprodurli in tecnologie più o meno complesse. Ci provava Leonardo, quando disegnava la sua macchina per volare: i disegni di questo progetto arrivano dopo innumerevoli illustrazioni sugli uccelli, schizzi sulla conformazione delle ossa che compongono le loro ali e studi accuratissimi
sull’aria e sui venti. Il grande Leonardo aveva intuito che anche volare sarebbe stato possibile per l’Uomo se fosse riuscito a riprodurre il movimento e l’equilibrio di coloro che in natura già volavano.
Del resto “l’uomo comanda la natura obbedendole”, come avrebbe detto un secolo dopo il filosofo Francis Bacon.
Oggi, questo processo consapevole ha assunto il nome di biomimetica. Col termine biomimetica, biomimicry in inglese, si intende lo studio della natura, dei suoi modelli, sistemi, processi ed elementi, al fine di emularli o trarne ispirazione per la tecnologia. Una sorta di trasferimento di “soluzioni” sostenibili dalla biologia alla tecnologia.
Qualche principio base della biologia da cui l’Uomo ha tutto da imparare? La natura funziona secondo cicli chiusi: non esistono “rifiuti”; la natura utilizza solo l’energia di cui ha bisogno; tutti i sistemi viventi si fondano su interdipendenza, interconnessione e cooperazione; i sistemi naturali funzionano a energia solare (basti pensare, ad esempio, alla fotosintesi); la natura rispetta e
moltiplica la diversità; essa adatta la forma alla funzione; e così si potrebbe andare avanti…

Ma ancora più interessante è analizzare sistemi particolari. Pensiamo all’uovo: ha una perfetta tenuta, utilizzazione ottimale dello spazio, buon isolamento chimico e fisico, resistenza sotto uniforme pressione idrostatica. Un sistema che trova le sue applicazioni nel campo dell’aeronautica.
Oppure le foglie di loto: la loro superficie idrofobica, rivestita di cristalli di cera, fa sì che le goccioline d’acqua che vi cadono sopra si raccolgono per l’alta tensione superficiale della foglia; di conseguenza, anche una leggera pendenza della foglia dovuta al peso dell’acqua, la fa scivolare via. Il rotolamento delle goccioline su piccole particelle di sporco ne favorisce l’asportazione, le foglie del loto sono dunque autopulenti.

foglia_di_loto

Così la biomimetica può ispirare forme, strutture e l’invenzione di nuovi materiali sintetici.
Uno degli esempi solitamente citati a proposito di biomimetica è l’invenzione del velcro, nata dall’osservazione di come i fiori di bardana si attaccavano alla giacca di Georges de Mestral (l’inventore del velcro), di ritorno da una passeggiata: analizzandoli al microscopio, notò che questi fiori sul calice avevano degli uncini che gli permettevano di “incastrarsi” ovunque, anche nelle anse formate dai fili del tessuto della giacca. Il velcro riproduce questo sistema.

fiore_di_bardana_velcro

Anche in architettura la biomimetica comincia ad essere applicata: serre solari ispirate alla pelle dell’orso polare, coperture strutturali ispirate alla foglia di ninfea, padiglioni che ricalcano la resistenza del guscio delle conchiglie, eccetera.
La biomimetica non è una scienza, ma un metodo, che la scienza può (e forse deve) utilizzare per un costruire sostenibile.

Per approfondire:

http://www.biomimicry.net/

http://www.biomimicryinstitute.org/

http://biomimit.blogspot.com/