Mercati rionali come quello di Borgo Vittoria

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foto di ALESSANDRO notte vigilia di Natale 2000

Sono secoli che mi prometto di scrivere un articolo con tema il mercato. I mercati rionali sono un argomento a me molto caro, fanno parte del corredo familiare, da mio bisnonno poi a cascata su tutta la famiglia Grella. Vendiamo verdura nel mercato di Borgo Vittoria, piazza della Vittoria, Torino.

Ho colto l’occasione di scrivere qualcosa perché coinvolto-assoldato dalla “compagnia teatrale” Senza Confini Di Pelle http://www.senzaconfinidipelle.com

Sarò il narratore nello spettacolo “Momenti di Vittoria”. Dario La Stella e Valentina Solinas, responsabili del progetto mi hanno chiesto di scrivere un prologo-monologo con tema il mercato rionale di Borgo Vittoria: un aneddoto, storia personale e inquadramento storico-urbano-sociale.

Ecco il risultato:

Uno scambio continuo. Un intreccio costante di attività volte alla vendita. Questo è il mercato; dal verbo latino MERCÀRI trafficare. Il giornaliero traffico delle merci ha inizio dal profondo buio della notte, riceve i primi bagliori del mattino e si chiude passato il mezzo dì. Tutti i giorni così: stessi gesti, stessi ritmi, stesse improvvise e sorprendenti piccole variazioni dovute alle più strane contingenze. A volte però gli ingranaggi della macchina mercatale rallentano bruscamente fino quasi a fermarsi.

I ricordi sono vaghi ma con l’aiuto di mio papà ho ricostruito una settimana molto particolare avvenuta nell’oramai lontano 1987.

Inverno, una domenica notte iniziò a nevicare, e non per scherzo. Mio papà stoico e incurante il lunedì ore tre e mezza usci di casa. Bardato di tutto punto inizio a sfidare l’avverso clima e ogni singolo cristallo di neve. Si avvicinò alla piazza, o meglio ad una distesa candida di neve fresca. Stimata la posizione tradizionale del banco, scorse arrivare mio zio Roberto e Fiorenzo. Tre. Tre venditori ambulanti. Solo loro decisero di vendere. Tre banchi su cento. L’avventura era appena iniziata: gli stessi gesti di sempre si tramutarono in sfida. Fiorenzo spezzò le catene degli pneumatici per uscire dal magazzino. Mio zio sfruttò la forza motrice del fuoristrada e improvvisò una stufa con camino per scaldarsi. Piazza Chiesa della Salute -> Via Giordano Bruno – mercati generali -> piazza Chiesa della Salute -> vendita -> magazzino -> casa. Con nevicata pesantemente incassante. Così per cinque giorni. Le conseguenze dell’eccezionale evento furono un incontrollato allarmismo degli abitanti del quartiere che si fiondarono in piazza a far razzia. Non scherzo. Incetta di qualsiasi genere commestibile.

Lunedì neve, martedì neve, mercoledì, provate indovinare? Neve. Così fino a venerdì. Giorno per giorno timidi ma vigorosi altri ambulanti come Alfio si affacciarono nella piazza e esposero entità commestibili che presto andarono a ruba tra acquirenti ben determinati ad accaparrarsi una valevole scorta alimentare. L’invendibile venne comprato. Sino al sabato, quando un’improvviso splendido sole comparve nel cielo terso a donare una mai così bramata monotonia.

Questo accadde quella settimana. Ero piccolo e i ricordi sono vaghi ma infiniti episodi di minor gravità accadono necessariamente tutti i giorni. I gesti di mio papà sono memorizzati nella mia memoria e probabilmente il mercato ha intaccato anche i miei geni. Perché, dovete sapere, già mio bisnonno ad inizio secolo vendeva la verdura qui. Un carro trainato dal cavallo ogni domenica prendeva posto in piazza e bisnonno Carlo iniziava con le prime vendite. Da lui, tramandato di generazione, mio nonno Vittorio e nonna Angela e i loro figli: mio zio Roberto e mio papà Giancarlo con mia mamma Sandra. Da allora tutto è mutato: l’azione di compra-vendita attualmente è meno faticosa e complessa. Al mercato generale i prodotti sono ben confezionati e riposti fiammanti nelle cassette pronte da essere esposte sul banco. Un tempo non era esattamente così. I prodotti provenivano realmente dalla terra, erano sporchi e imperfetti ed era normale passare il pomeriggio a rendere visivamente attraenti gli ortaggi. Ricordo ad esempio le cipolle passate su un setaccio gigante per togliere la pelle in eccesso, la catalogna mondata ad arte e gli spinaci lavati nell’acqua gelida contenuta in un vascone di fibrocemento. Ed in estate entrava in gioco il fattore orto. La nostra famiglia possiede un modesto appezzamento di terra nelle vicinanze di Borgaro che diventava teatro di estenuanti pomeriggi con la schiena ricurva al sole. I risultati c’erano: la produzione era notevole e l’intento di tanto lavoro raggiunto. Si lavorava per trarne il maggior profitto. Attualmente il fine è lo stesso ma i bisogni, le condizioni socio-economiche sono mutate e con esse la motivazione.

In cent’anni molto è cambiato compreso il quartiere e chi lo vive. La storia del borgo ci accomuna un po’ tutti ed è molto simile per ogni quartiere. I mercati rionali sono situati in piazze comunemente in corrispondenza di chiese di culto cattolico o delle vecchie porte daziarie. Centri del quartiere o piccoli porti urbani posseggono ancora la forza attrattiva di sempre. Con il passare del tempo insieme alla merci giungono nuovi lavoratori e acquirenti di ogni tipo: nostrane e poi esotiche le merci, indigene e poi immigrate le genti.

Qualunque cosa si pensi, qualunque legame si abbia con il mercato, ogni giorno si ripete la stessa grande meraviglia: al mattino la piazza è vuota, deserta, non c’è nessuno e poi, come per magia, cominciano ad arrivare uno alla volta, uno dopo l’altro i suoi personaggi, tutte le mattine, che piova o che nevichi, il grande circo del mercato si mette in moto ed è una festa di suoni, colori, odori, risate, dove ognuno partecipa senza riserve per dare vita alla città.