Stalker (film)

Stalker_(film)

TITOLO: Stalker

REGIA: Andrej Tarkovsky

TRATTO DA:un libro di A.&B. Strugatzki

NAZIONALITA’: Unione Sovietica

ANNO 1979

DURATA 163min

b/n-colore

commento personale

E’ un ottimo film, ricco di spunti riflessivi. Per capirlo bisogna guardarlo almeno quattro volte. La prima non arriverete alla fine perchè sarete rimasti addormentati. La seconda l’avrete visto tutto ma non ci avete capito niente. La terza dovrete prendere appunti e studiare a casa. La quarta ve lo godrete.

recensione testo di Gianfranco Massetti

E’ stata la caduta di un meteorite, o forse il soggiorno di extraterrestri che ha dato origine alla “Zona”, un luogo dove si annida il pericolo e si manifestano misteriosi fenomeni. Evacuata dalla popolazione che un tempo vi risiedeva, la Zona è presidiata da un comando militare che impedisce ai curiosi di accedervi. Osano avventurarsi là soltanto gli Stalker. Degli strani personaggi che, rischiando la vita per un misero compenso, vi conducono clandestinamente coloro che sono alla disperata ricerca di una soluzione ai loro problemi. Nella Zona si cela appunto una “Stanza dei desideri”, dove chi vi si reca vede realizzarsi le proprie aspirazioni. Alla Zona ci si deve però avvicinare con estrema circospezione, come indica l’etimo stesso degli Stalker, il cui nome deriva dall’inglese to stalk, “avvicinarsi con cautela”. Uno di questi Stalker incontra in un bar i due clienti che dovrà accompagnare nel prossimo viaggio. Lo Stalker vive in una squallida dimora, con la sua donna e una figlia, una bambina inferma, che le radiazioni della Zona hanno reso una “mutante”. Ma lo Stalker non si lamenta della sorte che gli è toccata, perché la sua unica ragione di vita risiede nella Zona e nei viaggi che compie per aiutare coloro che hanno bisogno di recarsi nella Stanza. Per sé non chiede mai niente, non può chiedere niente, altrimenti potrebbe accadergli quello che è accaduto al suo amico Porcospino… I due individui che lo Stalker deve accompagnare nel nuovo viaggio sono uno scienziato ed uno scrittore, le cui motivazioni ad affrontare il viaggio risentono dei rispettivi atteggiamenti intellettuali: razionalista quello dello scienziato, scettico quello dello scrittore, ma accomunati entrambi da una profonda sfiducia nei confronti dell’uomo e delle sue capacità di migliorarsi. Di fronte all’idiozia di un mondo che è “regolato da leggi ferree che lo rendono insopportabile e noioso” lo scrittore sostiene di rimpiangere il medioevo: “quello sì che era interessante. In ogni casa c’era uno spirito, in ogni casa un dio. Gli uomini erano giovani. Oggi un uomo su quattro è vecchio.” – dice. In possesso di un rudimentale ordigno atomico, lo scienziato vorrebbe invece raggiungere la Stanza per distruggerla, prima che qualche individuo senza scrupoli possa realizzare i suoi propositi criminosi. Alla fine del viaggio, né lo scrittore né lo scienziato se la sentono però di entrare nella stanza. A dissuaderli dal compiere questo passo è l’esempio di quanto è accaduto al porcospino, uno Stalker che nella Stanza era entrato per chiedere che suo fratello, perito per causa sua, potesse tornare in vita. Il desiderio del Porcospino non si era realizzato, ma dopo quel viaggio era diventato ricchissimo e si era infine suicidato, impiccandosi. Perché si è ucciso lo Stalker? Forse perché aveva capito che la stanza avvera tra i desideri quelli che sono i più riposti dell’animo umano, ma anche i più sordidi. Di ritorno dal viaggio, i tre si lasciano nel bar dove si erano incontrati. A casa, lo Stalker piange, con la moglie, per la mancanza di fede degli uomini. Intanto, sua figlia fissa un bicchiere sul tavolo e ne provoca lo spostamento per effetto di telecinesi, fino a farlo cadere ed infrangere al suolo. Da lontano, sale il rumore di un treno (dal punto di vista della psicanalisi un simbolo di regressione): lo stesso sferragliare di rotaie che aveva accompagnato i tre viaggiatori quando si erano addentrati nella Zona, all’inizio del loro “viaggio iniziatico”. Ricavato da un racconto di fantascienza scritto dai fratelli Strugackij nel 1971, Stalker diventa nelle mani di Tarkovskij tutt’altra cosa: “ In Stalker – scrive il regista – si può definire fantascienza soltanto la situazione di partenza, che ci tornava comoda perché ci aiutava a definire in maniera più plastica e rilevata il conflitto morale per noi fondamentale del film. Invece, per quanto riguarda la sostanza di ciò che accade ai protagonisti, non vi è nulla di fantastico. Il film è stato fatto in modo tale che lo spettatore abbia l’impressione che tutto sta accadendo ora, che la Zona è qui, accanto a noi. Mi hanno sovente domandato che cos’è la Zona, che cosa simboleggia, ed hanno avanzato le interpretazioni più impensabili. Io cado in uno stato di rabbia e di disperazione quando sento domande del genere. La Zona come ogni altra cosa nei miei film, non simboleggia nulla: la Zona è la Zona, la Zona è la vita: attraversandola l’uomo o si spezza, o resiste. Se l’uomo resisterà dipende dal suo sentimento della propria dignità, della sua capacità di distinguere il fondamentale dal passeggero.” (A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, trad. it. II ed. Milano 1995, p. 178). Nell’ambito del discorso della capacità dell’uomo di passare indenne attraverso le “prove” della vita, di spezzarsi o di resistere, assume un significato determinante il concetto di “fragilità” espresso in uno dei monologhi dello Stalker: “ Che si avverino i loro desideri – dice in riferimento ai due compagni di viaggio – e che diventino indifesi come bambini, perché la debolezza è potenza e la forza è niente. Quando l’uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte è rigido. Così come l’albero: mentre cresce è tenero e flessibile, quando è duro e secco, muore. Rigidità e forza sono compagne della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell’esistenza. Ciò che si è irrigidito non vincerà.” Come testimonia un’ annotazione dello stesso Tarkovskij, vi è a fondamento di questo pensiero una massima della saggezza estremo orientale:“ La debolezza è sublime, la forza spregevole. Quando un uomo nasce, è debole ed elastico. Quando muore è forte e rigido. Quando un albero cresce, è flessibile e tenero; quando diviene secco e duro, esso muore. La durezza e la forza sono le compagne della morte. La flessibilità e la debolezza esprimono la freschezza della vita. Perciò chi è indurito non vincerà. “ ( Lao-Tze, epigrafe al Giullare Pamfalon di Leskov )”. ( A. Tarkovskij, Diari,Firenze 2002, p. 219 ).